« La Leonessa » 2019 – 5a Edizione
5 anni di Leonessa. Un traguardo sudato, emozionante, orgogliosamente difeso.
Nel corso degli anni i Leoni si sono sempre distinti per le idee innovative associate alla loro ciclostorica, basti pensare alla cartellonistica del percorso permanente inaugurata l’anno scorso (la seconda dopo la matriarca Eroica), o alla mostra dedicata a Giusto Pinzani, tenutasi il sabato di questa edizione.
SABATO
Il Pinzani Day ha reso omaggio ad uno dei telaisti di Firenze, che aveva la sua bottega nella storica via Gioberti. Una gloria del tempo che fu, che il vintage ha riportato fuori dagli scatoloni dei ricordi. Le sue biciclette erano veri e propri gioielli e sono ancora apprezzatissime dai collezionisti (col Cardinale fieramente in testa). Gli appassionati partecipanti hanno potuto ascoltare direttamente dalle parole della Sig.ra Creati, nipote di Giusto, la storia di famiglia, mentre dalle esperte parole di Giovanni Nencini l’analisi tecnica delle biciclette.
DOMENICA
Come ogni anno l’avvicinamento alla corsa è stato segnato dall’incertezza meteo. I Leoni, però, non si sono fatti trovare impreparati. Troppo rischioso il percorso Lungo completo, troppo poco il Piano B (solo asfalto) adottato un paio di stagioni fa, viene deciso di adottare il Piano C, ovvero il percorso Intermedio che comprenda comunque l’ascesa alla Consuma.
Insieme a Max arriviamo a Pelago già forniti di pacco gara che il solerte Donato ci ha recuperato il sabato. Il cielo è plumbeo e siamo coscienti che l’acqua da qualche parte lungo il percorso ci attende. La temperatura è accettabile, seppur il ricordo della recente GranFondo di Firenze aleggi sui nostri muscoli.
Ritrovo Sandro Van Poletten, ancora in maglia Legnano, in attesa di sfoggiare la sua maglia di Campione di Coppa 2018. I Certosini con la loro maglia gialla e blu si distinguono bene, così i Panoramici, con Kit Carson e l’indiano Nanny già pronti sulle loro giroruota. É la prima della nuova Coppa Toscana e appaiono pronti a pedalare anche un paio di Medicei; L’Avis di Prato, compatto, mostra il simbolo dei Campioni a squadre, sono pronti per una nuova annata di battaglie.
Poco prima della partenza la sorpresa: insieme al Cardinale, il primo iscritto della prima edizione (io fui il terzo) ed altri 3 storici veniamo premiati per la nostra fedeltà alla corsa, avendo partecipato a tutte e 5 le edizioni. Una Magnum di Chianti Rufina suggella il nostro ingresso nel gota dei Leoni Onorari, ambasciatori fuori Pelago della Leonessa (grazie).
Tra l’emozione e l’orgoglio fluiscono i ricordi di questi 5 anni. Dalla partenza della mia prima ciclostorica insieme a Paolo Pieraccioni a quella di oggi, con il Benve e Donato. Quella prima edizione, sperimentale per gli organizzatori e devastante per me (se ne trova copia del resoconto nel Diario di Coppa) mi vide andarmene da Pelago scuro in volto e provato, deciso a non tornare, troppo dura l’esperienza per me. Il tempo poi è stato gentiluomo e sono qui a festeggiare il bel traguardo delle 5 partecipazioni consecutive, oltre ad aver stretto rapporti di forte solidarietà ciclistica con i Leoni.
Recuperata la bici è tempo di partire, è tempo di migrare verso valle. La discesa impervia impone il piede a terra dopo poche centinaia di metri, come la risalita opposta dove l’ingolfamento induce a più miti passaggi.
Giovanni Nencini si ferma quasi subito per un problema alla ruota anteriore e con lui i Panoramici. Il Tasso, in splendida maglia gialla, partirebbe anche, ma attende l’indiano Nanny e Kit Carson; li ritroverò solo al pranzo.
Con Max e il Benve risaliamo la fila, trovando un mediceo in occhiali gialli e un gruppo dell’Avis. Arrivati al bivio Lungo-Intermedio ecco il cambio di percorso, non si scende verso Donnini, ma si piega a destra direttamente verso il primo ristoro. La pioggia però si è scocciata di attendere e scarica una prima passata d’acqua. Molti, tra cui il previdente Cardinale, si fermano per indossare la mantellina. Con Max decidiamo di continuare così. Lo sterrato prima di arrivare al ristoro è un po’ infido, è stato rinforzato con del ghiaino, che bagnato però non è molto salutare.
Rapidissimo rifornimento e con Max e il Benve, già in sollucchero, riprendiamo, nell’illusoria idea di riuscire ad evitare la perturbazione che gironzola sopra le nostre teste. Max si lascia andare in una discesa delle sue, mentre io vengo recuperato da quelli dietro. Al bivio, poco dopo la piazza di Pelago, troviamo Paolo che ci aggiorna sulla situazione: visto il meteo sono possibili delle variazioni al percorso. Risaliamo verso Diacceto, dove incontriamo Donato, preventivamente coperto contro il freddo. Superato il tratto in asfalto precediamo nel bosco verso il castello, e il ristoro, di Ferrano.
All’arrivo veniamo malamente accolti dalle viscide pietre del selciato, che mettono più volte a rischio la nostra stabilità. Timbro e rifornimento. Giovanni Nencini passa e se ne va. Il suo sguardo è serio, concentrato sul rimanere caldo e non farsi prendere dal freddo. La pioggia aumenta d’intensità, con il Benve e Donato decidiamo di ripartire, meglio affrontare la salita prima che si scateni il diluvio. Pedaliamo bene nel primo falsopiano. Poi sia Stefano che Donato ci lasciano, preferendo salire del proprio passo.
Ecco la Leonessa, ancora una volta. Ecco l’ascesa alla Consuma dentro al bosco in un’atmosfera autunnale e non certo post pasquale. L’equilibrio è precario, si cerca con lo sguardo la traiettoria migliore, lo spazio tra sasso e sasso, o sopra il sasso, che permetta di non affondare nella fanghiglia. Lentamente, a bocca aperta e a pieni polmoni, sfidando anche la nebbia, risaliamo la montagna. Un cancello in ferro battuto e l’attiguo ponticino sono i segnali che il peggio è passato e ci possiamo fermare un momento per radunare i dannati più vicini oltre fare una sosta uroica. Qualche strappo subito dopo ci ricorda che siamo ancora nel pieno dello sforzo. Proprio quando pensiamo di essere arrivati alla meta ecco apparire il buon samaritano, che ci offre un ristoro con thé caldo e miele, un toccasana in mezzo a tutta quella fredda umidità, che ci ritempra in vista dell’ultimo tratto. Ripartiamo ed arriviamo all’innesto con il tratto asfaltato. Ci attendono ancora 3 km prima di arrivare al Passo. Qui la nebbia è più fitta, sembra Novembre inoltrato. Al ristoro ci rifocilliamo con la meravigliosa schiacciata e thé caldo, mentre Silvia viene acclamata come la prima donna ad arrivare. Conoscendo la sua tempra avevo pochi dubbi, una vera signora di ferro. Ci raggiunge anche Messer Peugeot, che dimostra come la gamba sperimentata sui Passi nelle ultime settimane sia quella buona.
Discesa. Tolto precauzionalmente il tratto in sterrato scendiamo direttamente sulla statale. Max e Messer Peugeot s’involano, io vado giù di conserva.
A Borselli la nebbia si dirada, ma vengo lasciato sulla statale. Di fatto è questo il taglio più rilevante al percorso, vengono sottratte la discesa verso Pomino e la risalita dalla Rufina. Rientro su Diacceto sempre in discesa, la mantellina mi protegge dal freddo e anche il giornale sotto la maglia fa spessore termico.
Deviazione con rampa in cemento sul cui culmine mi aspetta Max. Siamo entrati nella tenuta di Nipozzano, ci attendono i ghiaioni. Come da tradizione il primo me lo faccio a piedi, ad ognuno i suoi limiti. Faccio in solitaria il periplo della tenuta, facendo molta attenzione ai ghiaioni restanti, sempre molto infidi. Finalmente tornato su asfalto e tolta la mantellina raggiungo Max e rientriamo sulla statale. É ormai l’ultimo tratto, fatto e rifatto, adesso con l’asfalto nuovo ancora più scorrevole.
ATTENZIONE! CADUTA!
Sento la voce di De Zan in telecronaca. Vedo un ciclista per terra, ha la mia stessa maglia.. ma sono io!
Un attimo, il duro del suolo e le gambe sotto la bici. Mi sono ritrovato per terra senza neanche capire perché…
Lo spavento di Max nel vedermi disteso. Le macchine che suonano innervosite per l’inconveniente. Mi metto a sedere e controllo i dolori. Per fortuna niente di rotto. Max ha intanto sistemato la bici e lentamente mi rimetto in piedi. Il morale è rimasto lì per terra, ma pedalo, riesco a pedalare. Mi alzo sui pedali, provo a scattare, nessun dolore. Ma le botte ci sono, inutile illudersi, arriveranno tutte insieme più tardi.
Arriviamo al traguardo e concludiamo la corsa. Ci ritroviamo con Messer Peugeot e Donato, insieme andiamo a mangiare al Bardiccio Party. A noi si aggiungono il Gentleman e il Benve ancora ebro del bel giro, mentre al tavolo accanto al nostro i Panoramici sono già lindi e lavati.
Concluso il pranzo, con l’ottima pasta al Bardiccio, torniamo in piazza per recuperare la Magnum, premio fedeltà. Poi, lentamente, riprendiamo la strada di casa, dopo aver salutato il Cance e Messer Peugeot.
Se tolgo il fardello ingombrante che la caduta mi ha lasciato e ripenso a questa edizione della Leonessa mi ritrovo soddisfatto. Il Piano C ha funzionato, nonostante lo spostamento meteo della Leonessa a Novembre abbia reso la corsa ancor più dura e selettiva di quanto non lo sia normalmente. Ma la Leonessa è così, è il bello della corsa, bisogna esserne coscienti durante l’avvicinamento.
5 edizioni, mai una uguale all’altra, di cui sono stato fortunato testimone e umile scrivano. Adesso è il tempo del riposo e del recupero, anche se la stagione sta entrando nel pieno e le avventure non mancheranno… Ma prima di chiudere: Viva i Leoni!
MARCO PASQUINI