“La Leonessa” 2017

“La Leonessa” 2017 – 3a Edizione

Hic sunt Leones!

Il sole splende sulla Leonessa. Stavolta nessuna interferenza metereologica, un tiepido sole ci accompagna. Nei giorni precedenti la pioggia ha anticipato troppo, sbagliando il bersaglio. É piovuto fino a venerdì mattina, poi il tempo di asciugare le strade col phon e la corsa è salva.
Ecco Piazza Ghiberti, finalmente piena e viva, brulicante di bici e maglie di lana. I numeri stanno lievitando, sfondato il muro dei 100 iscritti; sono presenti, selezionati, 4 percorsi in modo da dare a tutti, ma proprio tutti, la possibilità di partecipare.
Ritrovo facce conosciute come gli amici del Pedale Vintage 4G con i loro gioielli. Gli organizzatori della corsa tutti indaffarati con le ultime cose, quelli della Coppa a fare le valutazioni (c’è pur sempre una classifica da stilare a fine giornata). Ritrovo anche Paolo Pieraccioni e il suo amico di pedalate di un tempo.
Non freddo, anzi, la giornata promette un bel caldo. Preferisco il giornale sotto maglia alla seconda maglia tecnica, scelta azzeccata.
Manicotti e via. Si parte, comincia la Terza Edizione della Coppa Toscana.
Mi accodo inizialmente a Giovanni Nencini e Coliandro, proiettati per il Lungo, ma inspiegabilmente deviano verso il percorso Intermedio.
Stavolta bisogna che mi rassegni all’idea di fare tutta questa fatica da solo. Invece, risalendo lo sparuto gruppo degli ardimentosi che hanno piegato su questo percorso, ritrovo i Modelli, stranamente spaiati con le bici (lei la Wilier, lui con la Bianchi) e con le maglie della Chianina e non con quelle di campioni di Coppa. Resto con loro un po’, sulla strada che da Paterno porta verso Tosi. Ci passa di gran carriera Luciano dei Ribolliti (sarà un tema ricorrente durante tutta la corsa questo). Aumento leggermente il ritmo e resto solo. Proseguo, ed in discesa lascio andare la bicicletta. Vengo passato da Messer Peugeot. Giunti a Sant’Ellero un breve tratto di statale poi a Carbonile la deviazione a destra e comincia la risalita. Mi torna in mente quando l’anno scorso ero in gruppo con i Panoramici e i Medicei su queste rampe. La salita già qui comincia a farsi sentire, ma il primo ristoro non è lontano. Non è un caso che qui siano già arrivati i Chianini in forze e l’allegria sia già alle stelle. Riparto, c’è ancora un tratto da fare per arrivare ad Altomena, passare sotto Diacceto per intravedere la Locanda Tinti, per poi arrivare al limitare del bosco prima di Ferrano. Qui raggiungo Luciano e Marco Nencini, il quale per quest’occasione ha riposto la sua bici anni ’20 optando per una Colnago ben rapportata. In questo gruppo c’è anche Rudy, il gladiatore della Medicea. Saliscendi per arrivare al Castello e pifff. Il Gladiatore ha forato (purtroppo la prima della serie..) e anche qui il senso di dèja vu riporta alla Coppa 2016. Non posso che lasciarlo alla sua battaglia con la “carogna” per rimontare il tubolare, dopo averlo adeguatamente immortalato. Al Castello variante sul tema quest’anno. Sono state abbandonate le vesti d’antan per i più comodi e colorati abiti in stile anni ’70. Sempre abbondante il ristoro, purtroppo dei Panoramici neanche l’ombra. Paolo Pieraccioni, che ha ritmo da podista in bicicletta, è già ripartito col suo compagno e quando anche Luciano dei Ribolliti e Marco Nencini risalgono in sella è il momento per me di prendere quella ruota insieme al rientrante Rudy. Ci siamo, comincia l’ascesa alla Consuma.
Sento che di fatica ne ho fatta, ma non mi faccio distrarre. Luciano sembra in buona giornata e detta il ritmo davanti come Roger De Vlaeminck. La salita non è ancora impegnativa e riusciamo a stare a ruota. Pochi metri alla deviazione e piffff. Rudy si trattiene dal santificare, ma è costretto all’inevitabile stop, neanche fosse in coda per l’ufficio del catasto. Mi tocca lasciarlo al suo destino. Gli altri due sono poco più avanti, ma qui non si scherza più.
Ecco la vera Leonessa, quella dura e arcigna, quella che mostra i denti, i sassi che compongono la salita verso la Consuma, la sua criniera, fatta delle fronde del bosco verso il Passo. Salire in bilico su quelle pietre, su pendenze a doppia cifra è roba da ciclisti ben allenati e mezzi ben attrezzati. Qui non si scherza, è una foresta di Arenberg in verticale. Poco respiro, una salita in apnea.

Questo è il tratto più duro. La pioggia dei giorni scorsi, fortunatamente, non ha fatto danni, la strada è sostanzialmente la stessa di 3 settimane fa, fondo sufficientemente compatto e un po’ di sassi. Il 41/28 è l’unica risorsa che ho, quello e le mie gambe che, per adesso, non stanno urlando. Vado su e mi avvicino al duo davanti. Quando sono ormai prossimo al ricongiungimento Luciano mette piede a terra, seguito da Marco, le loro schiene sono troppo sollecitate. Li passo e la mia schiena dolorante saluta con un po’ d’invidia le loro finalmente alleggerite dal carico. C’è spesso un momento durante la corsa in cui il ciclista deve fare i conti con se stesso. Trovare le energie, restare concentrato, ma al tempo stesso distrarre la mente per non fargli sentire troppo la fatica. Su questa salita, seppur nella durezza e nella difficoltà dell’ascesa, questo esercizio qui viene più facile. Le finestre che si aprono sulla valle e sul cielo poco più sopra le vette della montagna sono meravigliose. É cambiata anche la temperatura, si è notevolmente abbassata. Recupero un po’ dell’Avis nel bosco di Vallombrosa prima di arrivare al bivio con la strada asfaltata. Pochi metri più in là il cartello di Reggello, ma c’è ancora da salire per arrivare al Passo. La fatica è stata tanta, è il momento di recuperare un po’ e faccio girare le gambe. Entro in paese e vedo le biciclette di Paolo Pieraccioni e del suo amico; il tattico Paolo ha già fatto il timbro al ristoro ed è pronto per rientrare a valle. Anch’io mi fermo poco, ai ristori precedenti ho già soddisfatto il mio palato. Mentre sto ripartendo, ed essermi messo impermeabile, arrivano Luciano, Marco e Messer Peugeot. Parto, ho bisogno di fare con calma il tratto in sterrato in discesa. Non ho freddo addosso e riesco a scendere bene. Qualche problema alle mani nell’ultima parte, ma è andata molto meglio rispetto a 2 anni fa o al drive test di inizio mese.
Torno sulla statale e deviazione a destra verso Pomino. Discesa in asfalto, quasi un sogno. Bisogna però esser ben svegli. Moto da cross spuntano da ogni dove e la discesa appare tutt’altro che sicura. A Pomino c’è un punto di controllo per loro e capisco che sono finito nel bel mezzo di una gara. Se prima scendevo con accortezza adesso lo faccio ancor di più. Così quando il terzetto che avevo lasciato indietro mi supera li lascio volentieri andare, ho già i miei problemi a governare bici e strada. L’arrivo sulla statale prima della rotonda alle porte della Rufina mi libera dall’impegno e a seguire mi libero dall’impegno dell’impermeabile. Breve tratto per arrivare alla Rufina e al controllo, dove trovo un altro Pasquini al timbro. Supero il ponticino e inizia la risalita verso Falgano. Le gambe girano ancora. Vado su del mio ritmo. Ogni tanto, a qualche tornante, intravedo il trio lì davanti, ma non ne faccio un cruccio. Estrometto dalla muta il giornale, ormai un matido fardello. Incrocio ancora un Avis con problemi meccanici. Come una via Crucis i suoi compagni stanno via via tornando indietro a verificare la situazione ed ad ognuno rassicuro la buona salute del compagno. Arrivo così al ristoro della tenuta di Nipozzano e, con mia sorpresa, trovo il trio intento a rifocillarsi. Ripartono e ancora una volta ne perdo le ruote. Ancora qualche saliscendi e torno sulla statale all’ingresso di Diacceto. Discesa e deviazione verso Nipozzano. Ancora lì il trio. Attraversamento del borghetto, stavolta senza ristoro e ripartiamo insieme verso la conclusione di Pelago. Breve tratto sulla statale poi l’ultimo tratto. I miei compagni preferiscono tornare con calma, io ho ancora qualcosa da dare e allungo leggermente. In piazza vengo assalito dalle festanti gesta degli organizzatori. Il sole splende alto sulla Leonessa.

MARCO PASQUINI